Adriano Zamperini, Psicologia dell’inerzia e della solidarietà. Lo spettatore di fronte alle atrocità collettive, Einaudi, 2001
Che quello appena concluso sia stato – anche – un secolo in cui si sono realizzati con impressionante frequenza atrocità collettive e stermini di massa (dal genocidio degli armeni da parte dei turchi alla “soluzione finale” progettata dai nazisti contro gli ebrei d’Europa fino alle recenti “pulizie etniche” perpetrate nei Balcani e in Ruanda) è questione sulla quale pochi oggi sembrano nutrire dubbi, così come non vi è dubbio che gli storici abbiano esercitato su questo tipo di eventi una vastissima attività di ricerca volta da un lato a ricostruire nei dettagli il loro concreto manifestarsi e il complesso intreccio di fattori – politici, ideologici, economici, sociali, culturali – che li prepararono e li resero possibili, dall’altro, soprattutto negli ultimi decenni e soprattutto per quanto concerne la Shoa, a ricostruire le esperienze e i vissuti di coloro che di queste atrocità collettive furono vittime e, sia pure in misura minore, di coloro che di esse, con diverso grado di responsabilità, si resero responsabili
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